Che il 2020 non fosse stato un anno buono, in generale, per le compagnie petrolifere, era noto e acclarato, ma vedere nero su bianco i conti del gruppo ConocoPhillips rendere l’idea della dimensione di quello che, almeno per il colosso americano, ha assunto il carattere di un vero e proprio tracollo.
L’azienda, nata nel 2002 dalla fusione di Conoco Inc. e Phillips Petroleum Company e basata a Houston, secondo quanto riportato dalla testata Upstream Online, ha infatti riportato per l’intero anno 2020 una perdita netta di ben 2,7 miliardi di dollari, rispetto agli enormi profitti, pari a 7,2 miliardi di dollari, registrati invece l’anno precedente.
Un vero e proprio crollo, su cui hanno pesato in misura considerevole le svalutazioni di asset inevitabili durante lo scorso esercizio, che tuttavia non sono state l’unica causa di questa situazione dovuta anche alla pandemia di coronavirus e alla conseguente contrazione dei consumi energetici a livello globale.
Il risultato netto adjusted del 2020, ovvero quello che non considera i cosiddetti ‘special items’, tra cui sono comprese le svalutazioni di bilancio, è stato infatti negativo per 1 miliardi di dollari, rispetto ai 4 milioni di utile netto adjusted registrati nel 2019.
Il trend negativo si è avvertito anche in termini di produzione, che mediamente si è attestata a 1,12 milioni di boepd (barrel oil equivalent per day), 55.000 boepd in meno rispetto alla media del 2019, e di prezzo del barile realizzato, che per ConocoPhillips è stato pari a 32,15 dollari a boe nel 2020, rispetto ai 48,78 dollari a boe nel 2019.
Numeri che tuttavia non smorzano la fiducia del gruppo in una ripresa che si potrebbe concretizzare già nel 2021, periodo relativamente al quale la corporation americana ha definito un budget di 5,5 miliardi di dollari, di cui 5,1 miliardi verranno spesi per sostenere la produzione attuale e 400 milioni investiti invece in nuovi progetti, soprattutto in Alaska.