Nuovi prodotti a basso impatto ambientale, come i bunker ‘green’, e investimenti costanti in innovazione e sicurezza.
Sono queste le direttrici su cui si sviluppa il business della Iplom, storica raffineria di Busalla (Genova), come spiega il Presidente e Amministratore delegato della società Giorgio Profumo in questa intervista esclusiva a OilGas News.
Partiamo dai carburanti navali: il prossimo gennaio entrerà in vigore il sulphur cap stabilito dall’IMO. Produrrete bunker con 0,5% di zolfo?
Abbiamo già iniziato a fare le prime consegne e stiamo ricevendo ordini per i prossimi mesi da chi sta stoccando il fuel. Inoltre abbiamo già concluso accordi che diventeranno attivi dall’entrata in vigore dei nuovi limiti alle emissioni: gli armatori stanno apprezzando la qualità del nostro prodotto, su cui siamo in grado di offrire maggiori garanzie rispetto a chi vende bunker proveniente da varie origini industriali non verificabili.
Il nostro obbiettivo è quello di produrre 500.000 tonnellate all’anno di bunker a 0,5%, di cui circa 300.000 tonnellate verranno distribuite tramite autobotte nei porti più vicini alla nostra area, ovvero gli scali liguri, quelli toscani e quelli del sud della Francia. Non escludiamo però di utilizzare anche navi cisterna per trasportare la quota restante verso destinazioni più lontane.
Già oggi, infatti, produciamo bunker a 0,1% destinato alle aree ECAs, che esportiamo vi mare.
Per quanto riguarda in generale l’attività del gruppo Iplom, su quali settori vi state concentrando maggiormente? Avete in programma nuovi investimenti?
Oltre alla produzione dei vari bunker ‘green’, nei quali ci stiamo specializzando, stiamo investendo anche sul business dei bitumi modificati. Resta poi costante l’impegno per il miglioramento tecnologico degli impianti, che è sempre un ‘must’ nel nostro settore, così come la sicurezza e la tutela dell’ambiente sono sempre fonte di nuovi investimenti.
Com’è andato il 2018 di Iplom, e come è iniziato il 2019?
Il triennio in corso è caratterizzato da buoni margini per la raffinazione, al netto di oscillazioni sempre più ‘nervose’ del prezzo del Brent.
Quali sono, dal vostro punto di vista, le prospettive per l’industria della raffinazione?
Un calo dei consumi nelle nostre aree non si è ancora verificato: è il prodotto di importazione che solitamente fa da ‘polmone’ alla contrazione della domanda.
La principale preoccupazione arriva dalla politica, tutta orientata a sostegno dell’elettrico. E’ impensabile che questa modalità possa ‘spiazzare’ il petrolio, ma le scelte politiche possono condizionare il sistema bancario.
Come vedete il vostro ruolo, e in generale quello dei prodotti petroliferi, nell’attuale contesto di transizione energetica verso fonti più sostenibili?
Secondo noi la risposta può essere il diesel. Questo prodotto è stato molto denigrato nell’ultimo periodo, ma recenti studi di Concawe (una divisione dell’European Petroleum Refiners Association) e dell’Unione Petrolifera hanno dimostrato che i motori diesel Euro 6 hanno un impatto ambientale in linea con elettrico e ibrido. Penso che questa realtà verrà lentamente percepita, e per una raffineria come la nostra la cui produzione è concentrata al 60% proprio sul diesel c’è da sperare che il buon senso prevalga.
Diverse realtà dell’industria oil&gas hanno progressivamente reindirizzato almeno parte del loro business verso attività più ‘green’. Pensate che possa essere una strada percorribile anche per Iplom?
Lo sviluppo di nuove fonti energetiche o il miglioramento di quelle esistenti è sempre stato, e sempre sarà, uno dei più efficaci stimoli per la ricerca. Nel nostro caso, ad esempio, ci ha portato ai citati bunker ‘green’. L’importante è saper cogliere le opportunità ogni volta che si presentano.
Noi siamo stati tra i primi a recuperare la CO2, per esempio. Ma la scelte si possono fare quando c’è chiarezza normativa, mentre ora c’è grande confusione.