La maggior parte delle raffinerie europee sta giù lavorando alla produzione di carburante navale a basso contenuto di zolfo e, in previsione dell’entrata in vigore dei nuovi limiti stabiliti dall’IMO (International Maritime Organizzation) nel 2020, l’industria è cautamente ottimista sulla sua capacità di soddisfare la nuova domanda di bunker low-sulfur.
E’ il messaggio emerso in occasione del recente Platts European Refining Summit, che si è svolto a Bruxelles e ha riunito produttori e consumatori di carburante navale.
Le possibilità, per le raffinerie, sono due: investire in nuovi impianti oppure raffinare greggio con basso contenuto di zolfo.
“Un passaggio a ‘greggio dolce’ è sicuramente possibile” ha detto Mark Anderson, consultant di KBC. “Ci sono molte tipologie di petrolio con contenuto di zolfo inferiore allo 0,5%”.
Tra questi, come ha spiegato Massimao Trani, Vice President R&D Planning & Technology Scenario di Eni, greggi di origine africana come Djeno Melange, Sarir, Western Desert, ma anche petroli ‘dolci’ provenienti dall’Asia e dal Mare del Nord.
In ogni caso molti corporation sono convinte che un semplice switch della materia prima non sia sufficiente, e hanno già provveduto ad effettuare investimenti in impiantistica, tra cui ExxonMobile ad Anversa, Grupa Lotos a Danzica, Gazpromneft e INA a Rijeka.
Oltre a dover soddisfare la nuova domanda di bunker a basso contenuto di zolfo, però, le raffineria dovranno anche affrontare un drastico calo della richiesta di HSFO (il fuel oil tradizionale, con un contenuto di zolfo apri al 3,5%), il cui prezzo, ha spiegato lo stesso Trani, “potrebbe crollare, garantendo margini più alti alle raffinerie tecnologicamente più avanzate, e in questo contesto l’ENI è ben posizionata grazia alla sua EST technology”.
Secondo il Direttore generale di Saras Dario Scaffardi, però, il fatto il prezzo del fuel oil sia destinato a crollare non comporterà una sua uscita dal mercato, anzi: “Prezzi bassi potrebbero convincere gli armatori a installare scrubber per poter rispettare i nuovi limiti continuando a bruciare il bunker al 3,5%, invece di passare al più costoso carburante low-sulfur”.
In ogni caso, secondo i report, la convinzione diffusa tra la platea dell’evento di Platts era che la maggior parte degli armatori sceglieranno il fuel a basso contenuto di zolfo, piuttosto che gli scrubber.
Sicuramente lo farà Maersk Line, la principale compagnia al mondo nel settore dei container, che da solo – come ha spiegato Savvas Manousos, global head of trading di Maersk Oil Trading – pesa per quasi la metà della domanda mondiale di fuel oil (la sole Maersk ne consuma il 5% del totale).