Dopo decenni di dominio delle classifiche internazionali di settore, i produttori italiani di valvole industriali per l’oil&gas hanno visto ridursi il volume complessivo delle vendite: fenomeno dovuto in larga misura alla comparsa di nuovi competitor molto aggressivi, soprattutto di origine asiatica, ma anche da alcuni servizi che, così come vengono offerti attualmente, non incontrerebbero in pieno il favore del mercato. Se infatti gli utilizzatori finali di valvole continuano a ritenere i prodotti italiani tra i migliori a livello qualitativo, in molti lamentano tempi di consegna eccessivi e un servizio di assistenza post-vendita ancora non all’altezza. Un aspetto per il cui miglioramento le aziende del Belpaese potrebbero investire, puntando così a recuperare quote di mercato.
L’analisi di SAI Industrial
Questi sono, in estrema sintesi, i risultati dello studio condotto sul tema dalla società di consulenza specializzata SAI Industrial, i cui risultati sono stati illustrati dal suo Presidente Bruce Deckman in occasione del convegno organizzato da Valve Campus, associazione italiana dei produttori di valvole industriali e componentistiche per l’industria oil&gas e power generation, nell’ambito dell’IVS (International Valve Summit) 2019 che si è svolto a Bergamo.
La ricerca si basa sui risultati di 166 interveniste, svolte da SAI Industrial ad altrettanti rappresentanti di compagnie oil&gas (il 37% del campione) ed EPC contractor (il restante 67%) di 34 diversi Paesi (la maggior parte però europei, il 30%, ed asiatici, il 28%).
Come detto l’Italia è ancora considerata uno dei principali Paesi produttori di valvole, con uno zoccolo duro di ‘aficionados’ particolarmente radicato in alcune regioni, anche se al vertice ci sono gli Stati Uniti: “Il 74% degli intervistati – ha infatti spiegato Deckman – ha inserito gli USA nella top-3 dei produttori di valvole, mentre il 66% ha messo sul podio la Germania, e il 39% ha inserito nella top-3 l’Italia, che risulta quindi terzo paese per gradimento”. Questa percentuale sale però al 77% se si considerano solo gli intervisti del Medio Oriente “dove la produzione italiana di valvole ha molti estimatori”.
In generale, secondo i dati raccolti da SAI, i produttori italiani vengono giudicati positivamente per la loro affidabilità meccanica, per la qualità dei materiali e per la progettazione, mentre ricevono giudizi negativi riguardo i tempi di consegna e il servizio post-vendita.
Per questo, il 42% degli intervistati (percentuale che sale al 62% se si considerano solo quelli europei) ritiene che la voce prioritaria su cui i produttori di valvole dovrebbero investire nei prossimi 5 anni debba essere la riduzione dei tempi di consegna. Tra gli altri suggerimenti degli end-user, anche quello di aprire filiali all’estero o affidarsi a partner locali per rendere i prodotti più facilmente reperibili e favorire una distribuzione più capillare.
La tavola rotonda
Che la tradizione di produttori di valvole, per gli italiani, arrivi da lontano non ci sono dubbi, come ha ricordato, aprendo la tavola rotonda moderata dalla giornalista de Il Sole 24 Ore Sissi Bellomo, Maurizio Brancaleoni di VALVEcampus: “Già i romani producevano valvole, che poi venivano installate in tutto l’Impero”. Arrivando poi a tempi più recenti, “è innegabile che, dopo decenni di vertice, negli ultimi 5 anni i produttori italiani abbiano registrato una contrazione delle vendite, le cui ragioni sono molteplici, dalla standardizzazione alla pressione al ribasso sulle tariffe”.
Un fattore determinante, secondo Luciano Sanguineti di ATV, che le valvole le produce, è stato svolto dalla comparsa di nuovi competitor: “L’industria italiana è ancora forte, ma il mercato è molto cambiato negli ultimi anni con nuovi player del Far East che producono valvole a costi molto bassi, e ci fanno una concorrenza decisamente aggressiva”.
L’arma di difesa non può che essere quella di puntare sulla qualità, caratteristica c
he – come ha evidenziato la ricerca di SAI – viene universalmente riconosciuta alle valvole ‘Made in Italy’. Se è infatti vero che i prodotti provenienti dal Far East costano poco, come ha assicurato Brian Lade di Syncrude Canada, un rappresentante degli ‘end-user’, “è altrettanto vero che esiste un problema legato proprio alla qualità dei prodotti asiatici, che assume rilevanza ancora maggiore quando il contesto di installazione presenta elevati profili di rischio e quindi potenziali situazioni di criticità”.
Meshari Al-Otaibi di Aramco Overseas (il braccio internazionale della compagnia di stato saudita Saudi Aramco) ha quindi confermato i risultati della ricerca illustrata, nella prima parte del convegno, da Bruce Deckman, assicurando che dal suo punto di vista “l’Italia è ancora uno dei principali e migliori produttori di valvole del mondo”, ma si è anche trovato d’accordo nel rilevare che “i tempi di consegna sono un aspetto che deve essere decisamente migliorato”, per restare competitivi.
Una necessità, in un contesto che dopo anni di stagnazione sta tornando ad ‘assaggiare’ una crescita. “Ci sono segnali positivi un po’ ovunque, il mercato si sta muovendo” è infatti l’opinione di Giovanni Del Serrone di Technip FMC. “Le compagnia oil&gas stanno tornando a investire, rimettendo in moto tutta la catena costituita da contractor e fornitori. Molti nuovi progetti partiranno nel prossimo futuro”.
Francesco Bottino