A causa del crollo del prezzo del greggio, dinamica in cui lo stesso regno mediorientale ha avuto un ruolo non secondario, l’Arabia Saudita ha perso 11 miliardi di euro nel primo trimestre di quest’anno.
In termini di valore, infatti, l’export di petrolio saudita nei primi 3 mesi dell’anno – secondo i dati ufficiali appena rilasciati dalla General Authority for Statistic dello Stato islamico, ripresi dall’agenzia di stampa Reuters – si è fermato a ‘soli’ 40 miliardi di dollari, con un calo del 22% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Crollo causato in larga parte dalla diminuzione del prezzo del barile di Brent, che nello stesso periodo è calato del 60% rispetto al Q1 2019. Dinamica causata dalla crisi mondiale del coronavirus, che ha di fatto bloccato i consumi, ma anche e sopratutto dalla battaglia dei prezzi innescatasi proprio tra Arabia Saudita e Russia: fallito il primo tentativo di coordinare un taglio della produzione in sede OPEC+ per controbilanciare il crollo della domanda, le due potenze petrolifere hanno tentanto di incrementare le proprie quote di mercato aumentando l’output in un contesto di mercato debolissimo. Mossa che ha innescato una spirale discendente dei prezzi al barile, arrestatasi (non dopo aver toccato per la prima volta valore ‘sotto zero’) solo con il successivo accordo sui tagli, ora estesi per un ulteriore periodo di tempo.
Il calo dell’export petrolifero è la principale causa del declino del 20,7%, in termini di valore, delle esportazioni complessive dell’Arabia Saudita nel primo trimestre dell’anno, durante il quale la vendita internazionale di altri prodotti come chimica e plastica è anch’essa diminuita, del 16,5% circa.
La Cina, nel Q1 2020, è comunque rimasta la prima destinazione delle merci saudite, così come la Repubblica Popolare è e resta la prima origine delle merci che vengono invece importate in Arabia Saudita.