Cala l’import di greggio italiani nel primo quadrimestre dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2019, e c’era da espettarselo visto l’impatto che la crisi del coronavirus ha avuto sulla domanda di prodotti raffinati, crollata quasi a zero nel periodo di lockdown.
Secondo i dati elaborati dall’Unione Petrolifera, nel periodo gennaio-aprile 2020, il nostro Paese ha importato un totale di 17,196 milioni di tonnellate di petrolio greggio, il 12,6% in meno rispetto al primo quadrimestre dello scorso anno.
Nel dettaglio della aree di provenienza, la quota più consistente di greggio è arrivato da Paesi ex URRS: 6,968 milioni di tonnellate (20,2% dall’Azerbaijan che si conferma il primo Paese per quota di mercato, l’11,1% dalla Russia e il 9,1% dal Kazakistan), il 6% in più su base annua e il 40,5% del totale importato.
Segue, come area di provenienza del greggio importato in Italia nei primi 4 mesi dell’anno, il Medio Oriente col 32,9% (il 18,3% dall’Iraq e il 14,5% dall’Arabia Saudita), pari a 5,651 milioni di tonnellate, cifra che costituisce un arretramento del 5,5% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Al terzo posto, in base ai dati dell’Unione Petrolifera, si trova il Nord Africa con il 18,7% delle importazioni totali di greggio (il 6,4% dalla Nigeria, il 4,4% dalla Libia e il 2,4% dall’Algeria), ovvero 3,222 milioni di tonnellate, in drastico calo (oltre il 40%) su base annua.
Infine, da tutti gli altri Paesi non compresi in queste tre macro-regioni, l’Italia ha importato 1,355 tonnellate di greggio, ovvero il 7,9% del totale (-6,2%).