Le aziende del distretto offshore di Ravenna sono sempre più concentrate sul mercato estero, dove si registra una tenue ma avvertibile ripresa rispetto agli anni scorsi, mentre in Italia tutto resta fermo a causa delle politiche dell’attuale esecutivo, che starebbero di fatto franando anche la partenza dell’annunciato piano di investimenti dell’Eni in Adriatico.
Di questo, e di altro, OilGas News ha parlato con Franco Nanni, Presidente del ROCA (Ravenna Offshore Contractor Association).
Presidente Nanni, come si è chiuso il 2018, e come è iniziato il 2019, per il distretto offshore di Ravenna, sia a livello di occupazione che di fatturato aggregato del comparto?
Il 2018 si è concluso con un leggero aumento del fatturato dovuto alla tenue ripresa delle attività in tutto il mondo. Purtroppo invece è diminuito leggermente il livello occupazionale in quanto essendo il fatturato prevalentemente per commesse all’estero, spesso in molte nazioni viene richiesto una componente occupazionale locale.
Quindi possiamo dire che il trend negativo degli scorsi anni stia subendo una svolta?
Si, come detto nel mondo si sta riscontrando una tenue ripresa. Purtroppo la concorrenza è sempre più agguerrita e molte aziende pur di lavorare prendono i contratti a volte anche in perdita. Stiamo purtroppo assistendo alla chiusura di molte aziende, perdendo una esperienza tecnologica acquisita in tanti anni.
Che impatto ha avuto, sul settore e sulle aziende aderenti al ROCA, lo stop alle nuove perforazioni offshore in acque nazionali imposto dal Governo?
A dire il vero erano ormai decenni che in Italia non si facevano investimenti nell’offshore italiano. Quindi il decreto 11 ter non fa altro che prolungare il fermo degli investimenti in Italia. L’assurdo è che si vuole fare credere che non si produce in Italia per passare alle fonti non fossili. Mentre, in realtà, L’Italia non produce il suo gas per importare dall’estero il nostro fabbisogno: ciò significa che spendiamo di più e inquiniamo di più, considerando nel trasportare il gas dall’estero ne bruciamo il 20 – 30 % per pomparlo.
Il piano di investimenti da 2 miliardi annunciato dall’Eni per l’Adriatico, sta proseguendo? A che punto è?
Purtroppo non è mai decollato e stando la situazione attuale non credo che possa partire. Dobbiamo considerare che l’azionista di riferimento dell’ENI è lo stato italiano, in particolare il MISE che dipende dall’on. Di Maio e sappiamo quale sia la posizione del movimento 5 Stelle: “NO su tutto!”. E non mi sembra che decolli nemmeno il decommissioning delle piattaforme non più in funzione. Siamo allo stallo, la condizione peggiore per ogni imprenditore.
Cosa chiedete, come associazione, al Governo?
Durante l’ultimo OMC abbiamo consegnato al Sottosegretario Giorgetti una proposta di modifica l’assurdo art .11 ter inserito nel decreto semplificazioni. Il Sottosegretario ha dichiarato di avere compreso l’importanza del gas italiano e anche del nostro settore: ha quindi assicurato che farà ripartire le attività a breve. Noi ci speriamo!
Molti vostri associati lavorano, ormai, soprattutto all’estero: quali sono, dal vostro punto di vista, i mercati più promettenti?
Per tradizione, il distretto energetico di Ravenna, leader nel mondo, opera a livello internazionale. Siamo in Kazakistan, in Messico, nel bacino del Mediterraneo, in Mozambico dove abbiamo aperto una sede ROCA. Abbiamo un patrimonio di professionalità e tecnologia che soltanto l’Italia ormai non riesce a sfruttare nel proprio interesse.