Dopo aver toccato lo scorso mese i livelli più alti degli ultimi 3 o 4 anni, l’output petrolifero della Libia ad agosto è nuovamente crollato, a causa della perdurante instabilità politica del paese nordafricano che ha colpito anche le attività dell’Eni.
Secondo quanto riferito da varie agenzie di stampa, infatti, nei giorni scorsi hanno sospeso la produzione i due giacimenti di El Feel e Hamada, dopo che gruppi armati provenienti dalla città di Zintan hanno preso il controllo dei relativi oleodotti, bloccandone il funzionamento.
Il primo, noto anche come Elephant Field, è attivo dal 2004, si trova nell’area sud-occidentale del deserto libico ed è operato dall’Eni in joint-venture con NOC (National Oil Company), con una produzione giornaliera di 90.000 barili di greggio, mentre il secondo si trova anch’esso nel deserto ed è operato dalla compagnia locale Arabian Gulf Oil Company, a sua volta controllata da NOC.
In entrambi i casi, NOC ha esercitato le clausole di forza maggiore, che consentono ai gestori dei giacimenti di scaricare la responsabilità connessa con il mancato rispetto dei contratti fornitura, che è stata interrotta a causa di fattori al di fuori del controllo delle parti coinvolte. Inoltre NOC ha bloccato, proprio a causa dell’interruzione del flusso di greggio in arrivo da El Feel, anche il terminal di export del porto d Mellitah, anch’esso partecipato dall’Eni.
Nelle scorse settimane la produzione libica di greggio era già crollata del 30% a causa del fermo delle attività del giacimento El Sahara, situato nel deserto del Murzuk e operato da Repsol, con una capacità produttiva di 300.000 barili al giorno (il più grande di tutta la Libia), e della chiusura del terminal portuale di Zueitina, vicino alla città di Ajdabiya.