Con 300.000 milioni di barili, la compagnia petrolifera venezuelana PDVSA possiede le riserve di petrolio più grandi del mondo, ma non basta.
In base a un rapporto interno della della stessa corporation statale venezuelana e confermato dall’agenzia stampa Reuters, la produzione di petrolio nel mese di febbraio ha toccato 670.000 barili al giorno, vale a dire il livello più basso degli ultimi cinque mesi. Situazione in parte dovuta anche alla riduzione della domanda di petrolio a livello globale.
Nella fascia di Orinoco situata al centro del paese, la media é stata di 364.000 barili al giorno, mentre gli altri giacimenti, con un petrolio extra pesante e fangoso, hanno toccato 420.000 barili.
Queste cifre indicano la fine di una relativa stabilità della produzione di greggio venezuelano che a novembre aveva toccato 912.000 barili al giorno, in base ai dati ufficiali dell’OPEC.
Pochi giorni fa lo stesso presidente Nicolas Maduro aveva affermato pubblicamente che PDVSA stava vendendo il suo petrolio al di sotto dei costi di produzione.
Tuttavia oltre alla caduta della produzione stanno aumentando gli inventari del petrolio non venduto, a causa anche della diminuzione delle esportazioni e del portafolio clienti.
La domanda del petrolio del Venezuela già da tempo si trova sotto pressione anche a causa delle sanzioni stabilite dagli Stati Uniti, che proprio in queste settimane hanno multato due compagnie che appartengono alla statale Gazprom, conosciute come intermediarie di PDVSA per la distribuzione di petrolio nel mercato internazionale.
In conseguenza di questa azione la compagnia russa Rosneft ha annunciato il suo ritiro dai progetti in Venezuela e la vendita dei suoi attivi ad una nuova compagnia controllata dal governo russo, di cui però non ha ancora menzionato il nome.