Nonostante le misure appena adottate da Bruxelles, la Turchia non fermerà le sue attività di perforazione, alla ricerca di idrocarburi, al largo delle coste di Cipro. Operazioni che l’UE giudica illegali.
Il 15 luglio, il Consiglio Esteri dell’UE ha infatti deciso di applicare alla Turchia una prima serie di sanzioni, proprio alla luce del fatto che, oltre a proseguire con il drilling ‘illegale’ (poiché effettuato in acque territoriali di Cipro, secondo Bruxelles) nell’offshore occidentale dell’isola, Ankara ha recentemente avviato una seconda campagna di trivellazioni al largo della costa nord-orientale di Cipro.
Tra le misure adottate dai ministri degli esteri europei c’è l’interruzione delle negoziazioni riguardo il Comprehensive Air Transport Agreement, la sospensione degli incontri di alto livello tra UE e Turchia e, soprattutto, il taglio dei fondi pre-adesione alla Turchia per il 2020.
Iniziative che tuttavia, secondo quanto dichiarato a stretto giro dal Ministero degli Esteri turco “non influenzeranno in nessun modo la determinazione della Turchia a proseguire con le attività”. In sostanza, le perforazioni offshore al largo di Cipro, a caccia di gas o petrolio, continueranno nonostante queste sanzioni.
Ankara ha infatti accusato l’Ue di essere “prevenuta e faziosa” nell’ignorare la comunità turca del nord di Cipro, “che ha eguali diritti sulle risorse naturali dell’isola”, e di avere un “comportamento non costruttivo” sulla vicenda.
L’isola – ricorda l’Ansa nella sua ricostruzione della vicenda – è divisa in due da 45 anni, quando la Turchia intervenne militarmente occupando la parte settentrionale (circa un terzo del territorio) in risposta a un tentativo di putsch sostenuto dalla giunta militare allora al potere in Grecia.