Il campanello d’allarme lo ha lanciato il Centro per lo studio della democrazia (CSD) tramite Martin Vladimirov, che ne è il principale analista energetico: Lukoil, la più grande compagnia petrolifera russa starebbe importando elevatissime quantità di petrolio nell’hub bulgaro negli ultimi mesi.
Lukoil aveva minacciato di chiudere la sua raffineria in Bulgaria, l’unica dello stato balcanico, se le sanzioni contro le importazioni fossero state troppo severe: ciò aveva spinto l’UE a concedere alla Bulgaria una dergoga sull’embargo fino al marzo 2024, con il paese che può importare il petrolio russo, ma soltanto per uso nazionale e con il divieto di rivendita.
Secondo il CSD, però, Lukoil starebbe cercando di “riciclare” il proprio petrolio nella raffineria bulgara per poi rivenderlo sotto altro nome una volta che il divieto riguarderà anche la Bulgaria.
“Sarebbe molto più facile per Lukoil cercare di riciclare il petrolio russo attraverso il petrolio kazako e azero in Bulgaria. Non mi sorprenderebbe se, il 1° marzo 2024, la miscela lavorata dalla raffineria contenesse il 100% di petrolio kazako. In questo modo, il Cremlino otterrebbe comunque i fondi di cui ha bisogno. Ogni mese di proroga dell’esenzione è un’enorme manna per la Russia” ha dichiarato Vladimirov.
Inoltre, sempre secondo l’analista, Lukoil potrebbe finire per vendere la sua raffineria – grazie a cui ha già guadagnato più di 3 miliardi di dollari dall’inizio del conflitto russo-ucraino – quando la deroga sarà scaduta.
Il rischio, però, è che l’acquirente sia poi favorevole alla costruzione dell’oleodotto Alexandroupolis-Burgas (sede della raffineria) che sarebbe “inutile dal punto di vista economico, ma può essere usato come pretesto dalle autorità bulgare per creare una situazione simile a quella della Slovacchia, della Repubblica Ceca e dell’Ungheria, ovvero il desiderio di continuare a derogare al petrolio russo oltre il 2024.” ha concluso Vladimirov.