Gli effetti della pandemia di coronavirus sul mercato petrolifero hanno inciso pesantemente sui conti dell’Eni, che ha chiuso il primo semestre con un rosso di oltre 7 miliardi di euro, di cui quasi 4 e mezzo nel secondo trimestre dell’anno.
Nel dettaglio, la perdita netta semestrale è stata pari a 7,34 miliardi, rispetto all’utile netto di 1,51 miliardi registrato nei primi sei mesi dello scorso anno, mentre nel Q2 2020 la perdita si è attestata a 4,41 miliardi, facendo del periodo aprile-giugno 2020 il peggior trimestre di sempre per il ‘cane a sei zampe’. Le perdite – spiega la società nella sua nota – sono “determinate dalla rilevazione di svalutazioni pre-tax di attività non correnti di 3,4 miliardi (di cui 2,8 miliardi rilevate nel secondo trimestre) riferite principalmente a asset oil&gas e impianti di raffinazione in funzione della revisione dello scenario dei prezzi/margini degli idrocarburi per un valore complessivo post-tax di 3,6 miliardi comprensivo di svalutazioni di crediti d’imposta (3,5 miliardi rilevati nel secondo trimestre). L’adeguamento del valore contabile del magazzino ai prezzi correnti ha inciso invece per 1 miliardo di euro”.
Al netto degli ‘special items’, il risultato netto adjusted del semestre è stato comunque negativo, ma di ‘soli’ 660 milioni di euro, a causa “della flessione dell’utile operativo a cui si aggiunge l’aumento del tax rate consolidato a causa dello scenario depresso”.
Calati del 24% a 2,86 miliardi di euro gli investimenti tecnici, in conseguenza del piano di revisione dell’attività realizzato da marzo, mentre è aumentata di 2,85 miliardi, rispetto al 31 dicembre 2019, l’esposizione finanziaria netta, arrivata a quota 19,97 miliardi di euro.
L’Amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi ha comunque giudicato “estremamente positiva” la capacità di reazione dimostrata dal gruppo “nel semestre probabilmente più difficile che l’industria oil&gas abbia dovuto superare nella sua storia. I prezzi sono crollati insieme alla domanda per effetto della crisi sanitaria e delle tensioni geopolitiche. Solo un intervento straordinario dell’OPEC+ ha consentito di riportare un minimo di stabilità nel mercato, mentre la difficile uscita dalla pandemia mostra ancora elevati elementi di incertezza. In questo contesto Eni ha prontamente reagito rivedendo i suoi piani industriali nel 2020 e 2021 con l’intento di preservare la sua solidità patrimoniale. In particolare sono state identificate azioni di contenimento dei costi di funzionamento 2020 per 1,4 miliardi senza compromettere l’attuale occupazione, mentre gli investimenti sono stati ridotti di 2,6 miliardi principalmente nel business Upstream che risulta il più colpito dagli effetti della crisi. I business del gas, del retail e della bio-raffinazione hanno al contrario dimostrato una grande robustezza, facendo registrare risultati migliori di quelli 2019 nonostante gli effetti della pandemia e trainando i risultati consolidati al di sopra delle aspettative di mercato. Tutto ciò ci ha consentito di mantenere una generazione di cassa superiore all’esborso per investimenti e di non intaccare la riserva di liquidità di circa 18 miliardi al 30 giugno.”