Nei primi 9 mesi del 2019 l’import italiano di petrolio greggio si è dimostrato sostanzialmente stabile, arrivando a 47,44 milioni di tonnellate, l’1,9% in più rispetto al dato del corrispondente periodo del 2018.
Durante questo intervallo, però, è mutata la geografia delle forniture, con un avvicendamento ai primi posti della classifica dei Paesi di origine del petrolio importato, secondo i dati recentemente diffusi dall’Unione Petrolifera.
Se infatti nel corso dell’intero 2018 il nostro principale fornitore di greggio era stato l’Azerbaijan con circa 11,8 milioni di tonnellate, nel periodo gennaio-settembre di quest’anno è l’Iraq ad aver venduto il maggior quantitativo di ‘oro nero’ al Belpaese: 10,1 milioni di tonnellate, con una crescita di oltre il 61% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (guardando al 2018 nel suo complesso, l’Iraq era stato il secondo fornitore).
L’Azerbaijan resta comunque al secondo posto nel ranking con 7,58 milioni di tonnellate di greggio esportate verso l’Italia nei primi 9 mesi del 2019, cifra che però costituisce un calo dell’8,3% rispetto ai primi 9 mesi del 2018. Segue quindi la Russia con 6,84 milioni di tonnellate, volume quasi doppio (+78%) rispetto a quello registrato nello stesso periodo dello scorso anno.
Al quarto posto si trova la Libia con 5,44 milioni di tonnellate (+8,9%), mentre al quinto e al sesto ci sono l’Arabia Saudita (3,81 milioni di tonnellate; -28,7%) e il Kazakistan (3,21 milioni di tonnellate; +53,6%).
Da segnalare, come prevedibile, lo ‘zero spaccato’ dell’Iran, a causa delle sanzioni USA (nel corso del 2018, fino ad ottobre ovvero prima che l’embargo di Washington diventasse effettivo, il Paese degli ayatollah aveva venduto all’Italia circa 6 milioni di tonnellate di greggio), il forte incremento della Nigeria a 3 milioni di tonnellate (+64,3%) e un calo piuttosto significativo degli USA: -32,7% a poco meno di un milione di tonnellate.