Con un emendamento al Decreto Semplificazioni, messo a punto dal Ministero dello Sviluppo Economico (e che nei prossimi giorno dovrà essere discusso in Commissioni riunite Affari Costituzionali e Lavori Pubblici, Comunicazioni), il Governo italiano intende sospendere per 36 mesi i permessi, nuovi o già esistenti, per esplorazioni e produzioni nell’offshore nazionale.
Iniziativa contro cui si è immediatamente levata la voce contraria e allarmata del ROCA (Ravenna Offshore Contractors Association), l’associazione degli operatori offshore ravennati.
Come ha spiegato il MISE in una nota, l’emendamento messo a punto del Governo sostiene che le attività upstream non rivestono carattere strategico e di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità”, in accordo con “il programma del Governo di puntare alla decarbonizzazione sostituendo petrolio e derivati con fonti rinnovabili”.
Nel testo viene quindi prevista l’introduzione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PTESAI), da concordarsi con le istituzioni locali, per “individuare le aree idonee alla pianificazione e allo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale e quelle non idonee a tali attività”.
Fino a quando il PTESAI non sarà approvato, entro massimo 36 mesi, il Governo, tramite questo emendamento, intende sospendere “i permessi di prospezione e di ricerca già rilasciati, nonché i procedimenti per il rilascio di nuovi permessi di prospezione o di ricerca o di coltivazione di idrocarburi. Grazie a tale moratoria, sarà impedito il rilascio di circa 36 titoli attualmente pendenti compresi i tre permessi rilasciati nel mar Ionio”.
Mossa che ha lasciato i membri del ROCA “sorpesi e preoccupati” come ha dichiarato il Presidente dell’associazione Franco Nanni. “
L’emendamento presentato al Decreto Semplificazione con il quale si intenderebbe fermare per tre anni ogni attività di ricerca e produzione di gas danneggerebbe infatti sia le famiglie italiane sia le industrie che utilizzano il gas come fonte energetica: “Se non viene estratto gas dall’Adriatico l’Italia deve importarlo, con tre conseguenze: dispersione di almeno il 25% di gas per la fase di pressurizzazione nell’immissione nei gasdotti; maggiori costi per il sistema produttivo e famiglie; minori entrate tributarie e fiscali per lo Stato”.
“Il blocco di ogni attività legata al gas, che viene svolta con tecnologie modernissime e nel totale rispetto della sostenibilità ambientale – ribadisce poi il ROCA – provocherebbe la perdita di migliaia di posti di lavoro”.
“Se ancora siamo in un Paese normale, le attività upstream sono più che strategiche. A meno che non si ritenga normale che il gas adriatico venga estratto da Croazia, Albania, Montenegro e poi rivenduto all’Italia” si conclude la nota.