Quel’è, se esiste, l’impatto delle attività di estrazione di idrocarburi in Val d’Agri sul tessuto economico-sociale della Basilicata?
E’ questa la domanda che si sono posti i ricercatori dell’Università Bocconi incaricati dalla Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) di analizzare appunto le conseguenze della nascita e dello sviluppo dell’industria oil&gas nella regione italiana. E la prime risposte – illustrate da Maurizio Malpede, ricercatore Università Bocconi/FEEM, in occasione dell’workshop “La transizione energetica: scenario internazionale e contesto italiano” organizzato da Assomineraria – sembrano indicare che il contributo sia stato concreto, e di segno positivo.
“Considerando il periodo 2010-2017 (ultimo anno per cui sono disponibili dati completi al momento, abbiamo verificato che il PIL della Basilicata è cresciuto mediamente dell’1,4% all’anno, in controtendenza rispetto al dato aggregato di tutto il Meridione, che presentava un segno negativo. Ci siamo quindi chiesti – ha spiegato Malpede – se e quanto, a tale andamento, abbiano contribuito le attività estrattive”.
Innanzitutto, il giovane ricercatore ha illustrato il metodo utilizzato per condurre la ricerca, “basato su uno schema statistico tramite cui abbiamo creato una ‘regione di controllo’, ovvero un insieme di proiezioni riguardo l’andamento degli indicatori socio-economici di un’ipotetica Basilicata senza l’oil&gas”. Definito il termine di paragone, sono iniziati i confronti tra la Basilicata ‘vera’, quella caratterizzata dalla presenza dell’attività di estrazione, e quella ‘virtuale’ priva di questa industria.
“Il primo dato che salta all’occhio è quello relativo al PIL: la ‘regione di controllo’ ha registrato, nel periodo 2010-2017, una crescita dello 0,9%, quindi possiamo dedurre che l’estrazione di idrocarburi ha contribuito positivamente per lo 0,5% al prodotto interno lordo medio annuo della regione”.
Malpede è poi passato ad analizzare la dinamica occupazionale, rilevando che “nel periodo considerato, l’occupazione in Basilicata è rimasta stabile. Ma, andando a vedere il dato della ‘regione di controllo’, scopriamo che gli occupati sarebbero diminuiti del 3,9%. Anche in questo caso, quindi, l’oil&gas ha dato un contributo positivo”.
Focalizzando poi l’attenzione sulle dinamiche occupazionali di singoli settori economici, “registriamo tra il 2010 e il 2017 un aumento degli occupai nel settore dei servizi pari al 7,8%, che si sarebbe arrestato ad un +4,4% senza l’apporto delle attività estrattive. Discorso analogo vale anche per l’agricoltura: al + 18,7% degli occupati registrato in Basilicata, corrisponde un ben più contenuto +4,5% della ‘regione di controllo’ (il modello teorico privo dell’apporto dell’oil&ags)”.
Non si tratta ovviamente di dati certi e definitivi, ha chiarito il ricercatore della Bocconi, “ma con l’utilizzo del cosiddetto ‘controllo sintetico’, abbiamo sempre riscontrato un contributo positivo dell’industria estrattiva per l’economia della Basilicata, e mai un effetto negativo”.
D’altra parte, “l’oil&gas contribuisce per il 7,7% all’intero PIL della Regione” ha concluso Malpede.