Il Ministero dello Sviluppo Economico ha annunciato di aver firmato – in accordo concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e il Ministro per i Beni e le Attività Culturali – il decreto di adozione delle linee guida per la dismissione delle piattaforme offshore.
Nel corso dei lavori di predisposizione dello schema di decreto – spiega il MISE in una nota – si è svolta un’ampia consultazione pubblica sul testo e sono state coinvolte le Regioni, i Comuni interessati, docenti e ricercatori universitari, i principali enti di ricerca italiani, nonché i rappresentanti delle principali associazioni di settore, ambientaliste e sindacali.
“Le linee guida rappresentano il primo passo concreto per il raggiungimento di uno degli obiettivi di politica energetica nel settore upstream, che è quello di identificare le migliori tecnologie disponibili per la dismissione mineraria delle piattaforme offshore” ha dichiarato il Sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega all’Energia Davide Crippa. “Riteniamo che tale percorso di dismissione dovrà essere compatibile sotto il profilo ambientale e sociale, oltre che tecnicamente ed economicamente sostenibile. Andranno valutati e promossi anche eventuali usi alternativi innovativi delle piattaforme, in un’ottica di economia circolare e crescita blu, soprattutto in considerazione del fatto che i costi stimati della dismissione, a carico dei soggetti gestori, ammonterebbero a diverse centinaia di milioni di euro”.
In tale ottica, le linee guida, prevedono che i titolari di concessioni dovranno comunicare entro il 31 marzo di ogni anno al MISE l’elenco delle piattaforme in dismissione. Successivamente il MISE, acquisiti i pareri del Ministero dell’Ambiente e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, dovrà pubblicare entro il 30 giugno di ogni anno l’elenco delle piattaforme in dismissione e in particolar modo quelle che possono essere riutilizzate.
L’entrata in vigore delle linee guida potrà inoltre avere un importante impatto sull’economia per l’apertura di nuovi cantieri e la creazione di posti di lavoro, sia per la dismissione delle piattaforme a fine vita che per la valorizzazione delle stesse in chiave non estrattiva, per un importo che si stima sicuramente superiore ai 250 milioni di euro.