Il gas naturale liquefatto (GNL) è strategico per l’Italia, che deve attrezzarsi per incrementare le sue importazioni di questo combustibile anche dotandosi di un nuovo rigassificatore offshore.
A dirlo è il Governo italiano, che ieri ha pubblicato la SEN (Strategia Energetica Nazionale) 2017, documento – firmato dal Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e dal Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – che aggiorna le strategie nazionali in tema di energia al contesto attuale, radicalmente mutato rispetto all’ultima SEN, datata 2013.
Con questo strumento l’esecutivo fissa obbiettivi da raggiungere e strumenti da utilizzare in tema di energie rinnovabili, produzione elettrica e anche gas, di cui l’Italia è il terzo consumatore europeo.
Il problema, però, è che il nostro paese importa il 92% del proprio fabbisogno di gas (la media europea è del 70%), che nel 2016 si è attestato a quota 71 miliardi di metri cubi. Una condizione di eccessiva dipendenza da fonti esterne, cui si aggiunge il fatto che quasi tutto il gas importato arriva dalla Russia, mentre le sorgenti complementari sono marginali e instabili. In particolare, appare incerto il futuro delle forniture provenienti dall’Algeria, con cui i contratti in scadenza nel 2019 – si legge nella SEN2017 – non sono ancora stati rinnovati.
Per evitare quindi che un’eventuale quanto improvvisa interruzione degli approvvigionamenti russi, che arrivano via gasdotto, possa di fatto compromettere la sicurezza energetica del paese, secondo il Governo è necessario incrementare le importazioni di GNL, che per loro natura (trasporto via nave su base spot) sono molto più flessibili e quindi in grado di sopperire rapidamente ad un eventuale blocco del flusso russo di gas.
Per farlo, però, la capacità complessiva di 15,2 bcm offerta dai 3 rigassificatori attualmente attivi in Italia – quello onshore di Panigaglia (gestito da Snam) e i due offshore posizionati al largo di Rovigo (Adriatic LNG) e Livorno (OLT) – non è sufficiente: serve, secondo i Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, un nuovo terminal offshore FSRU (Floating Surface Rigassification Unit) da circa 4 bcm, che sarebbe in grado di soddisfare le esigenze nel breve termine garantendo il tempo necessario a progettare e realizzare una struttura terrestre di maggiori dimensioni, capace di almeno 11 bcm.