La transizione energetica ormai in atto e il perdurare dell’epidemia di coronavirus che ha ridotto sensibilmente la domanda di petrolio, hanno spiento Equinor ad agire di conseguenza, con una decisione piuttosto drastica.
Il colosso statale norvegese – che complessivamente impiega circa 21.000 persone in tutto il mondo ha infatti annunciato l’intenzione di ridurre del 30% il suo staff dedicato alle attività di esplorazione e ricerca di idrocarburi a livello globale entro il 2023.
L’obbiettivo dichiarato di Equinor è ridurre i costi connessi a questo tipo di attività, alla luce appunto dell’evoluzione (discendente) della domanda mondiale di greggio: è stata la stessa azienda scandinava a precisare che gli investimenti destinati alle esplorazioni sono già diminuiti di 1/3 rispetto ai livello di 6-7 anni fa. E probabilmente continueranno a diminuire, anche in considerazione del fatto che questo filone di business si concentrerà d’ora in poi soltanto in alcune aree circoscritte, tra cui Norvegia, Brasile e Stati Uniti.
Il taglio del personale annunciato non impatterà comunque sulle esplorazioni già previste per il 2020 e il 2021, diventando effettivo solo a partire dal 2022.
“Quest’anno dovremmo scavare circa 30-40 nuovi pozzi a livello globale, e le attività esplorative fino a fine 2021 non verranno impattate dalla riduzione del personale appena annunciata” ha infatti ribadito Equinor.
In ogni caso, anche per l’anno in corso, è evidente una ‘contrazione’ dell’esposizione dell’azienda su questo versante: la spesa annuale per le esplorazioni, originariamente stimata in 1,4 miliardi di dollari, si attesterà invece a 1,1 miliardi di dollari, come già rivelato nei mesi scorsi dalla stessa major norvegese.