I tagli alla produzione globale di greggio imposti dall’OPEC nei mesi scorsi, e la volontà dell’organizzazione di farli rispettare, uniti ad una serie di eventi climatici che stanno interessando il Golfo del Messico, stanno sostenendo il prezzo del barile che secondo alcune delle principali banche d’affari mondiali continuerà a salire costantemente nel corso del prossimo anno.
La prima a crederci, e quindi a pubblicare le sue previsione in merito, è la prestigiosa banca americana Goldman Sachs, secondo cui entro fine anno potrebbero mancare sul mercato almeno 3 milioni di barili al giorno (mbpd). Situazione che ovviamente farà lievitare il prezzo: il target del Brent è stato confermato a 45 dollari per la fine dell’anno (rispetto agli attuali 43,5 circa), mentre si dovrebbero raggiungere i 65 dollari al barile nel terzo trimestre del 2021.
Dinamica analoga a quella immaginata da UBS: anche per l’istituto svizzero, entro la fine del 2020 il prezzo del barile di Brent dovrebbe raggiungere i 45 dollari, mentre è a portata di mano il livello dei 55 dollari entro la metà del prossimo anno.
A contribuire a questa dinamica è sicuramente il taglio della produzione stabilito in sede di OPEC+, un risultato raggiunto con molta fatica (inizialmente la battaglia commerciale tra Arabia Saudita e Russia aveva esacerbato il crollo, intervenendo in un mercato già fortemente indebolito a causa del coronavirus) che oggi l’associazione ha tutto l’interesse e la volontà di preservare. Secondo diverse agenzie, infatti, la stessa OPEC avrebbe minacciato sanzioni per i propri membri che non dovessero rispettare le quote produttive assegnate.
Il terzo fattore che impatta sul prezzo del greggio, che solo questa settimana potrebbe registrare un +10%, per mantenersi poi su un trend positivo anche nel prossimo futuro, è relativo alla stagione degli uragani in corso nel Golfo del Messico. Un’altra tempesta si sta avvicinando e secondo gli osservatori il suo stato potrebbe passare presto ad ‘hurricane’, bloccando nuovamente l’attività dei numerosissimi giacimenti offshore presenti nell’area e quindi riducendo ulteriormente l’output petrolifero americano.